3 Dicembre 2011 di Mezzapelle Vito
Bacco (dio del vino)
Fra il I sec a. C. e il II sec d. C., negli anni più prestigiosi dell’impero Romano, l’Italia diventò un centro importante per il commercio e la produzione del vino. Roma era considerata la capitale del mondo contava un milione di abitanti e i vini Italiani divennero i più famosi e apprezzati al mondo. Il più rinomato era il Falerno, della Campania. Anche il Cecubo, il Messico e il Formiano godevano di grandissima considerazione. Retico, prodotto nei dintorni di Verona. Pucinum, prodotto in Istria. Vini medicinali e vini picata erano molto diffusi…
Grandi nomi latini si dedicano alla composizione di tratti di agricoltura. Come: Marco Porzio Catone ( Da agricoltura, circa 160 a. C.) – Marco Terenzio Verrone (De re rustica 37 a. C.)- Lucio Giunio Moderato Columella ( circa 60-65 d. C.) – Gaio Plinio Secondo ( Naturalis Historia 77 d. C.).
LE TECNICHE DI LAVORAZIONE
Le uve erano pigiate nel calcatorim ed erano torchiate nel turcularium, quindi il mosto veniva raccolto e trasferito per la fermentazione di dolia ovvero in grandi recipienti in terracotta. Le pareti erano spesse 6 o 7 centimetri. La capacità di circa 8 ettolitri. Per ridurre la porosità i dolia si verniciavano internamente con pece, cera, resine. All’inizio della primavera i dolia venivano aperti e il vino era travasato nelle anfore. In questa occasione si celebravano le feste religiose Vinalia.
I TRASPORTI
Le anfore per il trasporto erano foderate di vimini o intercalate con la paglia o materiali che le riparassero dagli urti. Anche le anfore erano impeciate per impedire la perdita del contenuto. Queste venivano impilate su più file e assicurate con corde. Fra una e l’altra si inserivano materiali per impedire urti e rotture. Un carico era costituito da circa 300 afore.
Il Mons Testaceus – Vicino al porto Ripa Grande, con i cocci delle anfore eliminate si formò il Mons Testaceus,formato da 35 metri di cocci accumulatisi nei secoli come residuo dei trasporti.
ROMANI- CONSUMI PUBBLICI E PRIVATI
Un antico aperitvo – Il mustum lixivium era il primo mosto che derivava semplicemente per la compressione delle uve le une sulle altre. Mescolato al miele questo mostro era impiegato per preparere il mulsum che veniva servito come aperitivo.
Antichi coadiuvanti – I Romani utilizzavano diverse tecniche per produrre, colorare, invecchiare e correggere i loro vini. Praticavano la gessatura (limpidezza, conservazione, vivacità colore), la salatura dei mosti (accentuazione gusto). Impiegavano anche la polvere di argilla e di marmo (disacidificare), l’albume, il latte di capra (chiarifica), le bacche di mirtillo (colore), le resine, le sostanze aromatiche (aromatizzazione).
Locali pubblici – I termopoli erano soprattutto dislocati alle porte delle città, sulle vie più frequentate, intorno ai luoghi dove si svolgevano gli spettacoli pubblici. Avevano il bancone, spesso fatto a L, con scaffali di appoggio per coppe e bicchieri.
Il triclinium era la sala da pranzo, il centro vitale della casa. Qui si ricevevano gli ospiti di riguardo invitati al banchetto. Le pareti erano ornate con affreschi che rappresentavano scene di caccia, nature morte, frutta, selvaggina.
Come per i Greci l’annacquamento era consueto e necessario. Si mescolavano allora con acqua calda o fredda o anche con la neve, stipata in magazzini sotterranei in genere scavati nel tufo.
L’alimentazione dei Romani era composta da tre pasti principali: Jentaculm colazione leggera – Prandium spuntino leggero fine mattinata – Cena molto importante e ricca. Il banchetto si svolgeva in tre momenti: Gustatio – Cena – Secundae mensae.
L’insieme del servizio da tavola era detto ministerium. Escarium, per servire le vivande. Potorium, per versare e contenute le bevande, prima fra tutte, il vino.
Banchetti pubblici – Per guadagnare popolarità, imperatori, generali, consoli offrivano dei banchetti pubblici.
Banchetti funebri – Venivano preparati non solo dopo la sepoltura, ma anche periodicamente, in seguito per nutrire le anime dei morti.
Garum e vari alimenti – Ingrediente pregiati e principale della pregiata cucina romana. A base di pesce salato e fermentato. Molto diffuso era l’olio di oliva, importato dalla Baetica e dall’Africa settentrionale. Il mosto concentrato veniva utilizzato per dolcificare e insaporire. La carne più utilizzata era quella di suino ma la migliore veniva considerata quella di agnello. Il pesce era un elemento essenziale, in particolare aragoste, ma soprattutto ostriche. Le verdure più utilizzate erano radici, carote, ceci , piselli, fave, funghi etc. Le olive erano presenti sia nelle tavole dei ricchi che su quelle dei poveri.
Bacco ,Dio del vino – Il vino lo si trovava sempre nei sacrifici alle loro divinità. Il culto di Bacco conobbe una grande affermazione. Fu proibito nel 186 a. C. ma riprese in epoca imperiale. I motivi bacchici sono costantemente rappresentati fra sculture, mosaici e pitture. Questi motivi sono legati alla tradizione religiosa e si presentano nel larario.
Vino e Poeti: Publio Virgilio Marone (Mantova, 70 a. C. – Brindisi, 19 a. C.) – Quinto Orazio Flacco ( Venosa, 65 a. C. – Roma a. C.) – Publio Ovidio Nasone (Sulmona 43 a. C. – Tomi 18 a. C.) – Marco Valerio Marziale (Augusta Bilbilis, 40 – Augusta Bilbilis, 103 circa ).
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