1 Ottobre 2011 di Mezzapelle Vito
La Farfalla, come spesso viene chiamata l’isola di Favignana, per le due ali che sembrano dispiegate sul fiore azzurro del mare a suggerirne il nettare, deve il suo nome attuale al vento Favonio.
Nei secoli a.C, i fenici la chiamavano Katria, i latini Egate, i greci Aegusa (“l’isola delle capre”) per la quantità di capre selvatiche che pascolavano nell’isola. Ma, oltre alle capre, c’erano altri animali selvatici: conigli, porci, e asini. La pesca e la viticoltura erano praticate nell’isola; tuttavia quest’ultima fu abbandonata nei primi del ‘900, a causa dei danni causati dalla fillossera.
In quest’isola, situata ad ovest delle coste trapanesi, negli ultimi anni la viticoltura è rinata.
Dopo un lungo e laborioso lavoro di bonifica del terreno, nel 2008 sono stati impiantati cinque ettari di vigneto ad alberello a pochi metri dalla scogliera di Calamoni, sul versante centro-sud dell’isola, con una densità d’impianto di 5000 piante/ha. Si tratta di due appezzamenti contigui caratterizzati da terreni arenari, con rocce affioranti di tufo e sabbia rossa.
Le varietà coltivate sono Nero d’Avola, Perricone, Grillo, Catarratto e Zibibbo.
La conferma che il mare ha un ruolo fondamentale nel forgiare sia le proprietà organolettiche delle uve che del vino è stato possibile verificarlo con la prima vinificazione delle uve ottenute. A parte la freschezza dei profumi e una piacevole acidità, le componenti saline e minerali sono stati facilmente avvertiti alla svinatura dei rossi, ma per avere uno quadro completo sarà necessario degustare i vini tra qualche mese.
Enol. Vito Mezzapelle
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