Stabilit

11 Ottobre 2007 di Mezzapelle Vito


Il vino nuovo si può considerare una soluzione satura di bitartrato di potassio (KHT) e tartrato neutro di calcio (CaT). Questi sali, però, hanno tendenza a precipitare lentamente, già nel corso della fermentazione, man mano che aumenta il tenore in alcool e che la temperatura si abbassa: il vino contiene il 50 % dell’acido tartarico del mosto. La solubilità dei tartrati, infatti, diminuisce con l’incremento del grado alcolico.

La solubilità del tartrato acido di potassio in particolare è fortemente influenzata dall’abbassamento di temperatura; la precipitazione del bitartrato di potassio è poi influenzata dal pH 3,6. tutti i fattori, pertanto, che provocano una diminuzione dell’acidità e quindi un innalzamento del pH facilitano la precipitazione del bitartrato, mentre tutti quelli che provocano un aumento dell’acidità ostacolano la suddetta precipitazione. Così la solubilità del bitartrato di potassio diminuisce a seguito della fermentazione malolattica o della disacidificazione chimica dei vini. La fermentazione malolattica equivale, infatti, ad una disacidificazione biologica accoppiata ad una liberazione di ioni K.

La precipitazione di questi Sali è, inoltre, influenzata dalla presenza o meno di germi di cristallizzazione. La cristallizzazione di questi Sali, soprattutto del tartrato di calcio, in genere è molto lenta e richiede, in condizioni normali, diversi mesi ed anni; essa, infatti, è certamente ostacolara della presenza di colloidi protettori e di inibitori naturali che si interpongono tra i cristalli e ne impediscono l’avvicinamento. L’eventuale aggiunta di gomma arabica va fatta, appunto, al vino dopo la refrigerazione.

La precipitazione del bitartrato di potassio, come abbiamo detto, è sensibilmente e favorevolmente influenzata dall’abbassamento della temperatura, per cui, mantenendo il vino per alcuni giorni ad una temperatura di qualche grado inferiore a 0à C, è possibile ottenere la stabilizzazione nei confronti delle precipitazione di bitartrato di K.

La solubilità del tartrato neutro di calcio non è, invece, altrettanto fortemente influenzata dalle basse  temperature: precipitati di tartrato di Ca possono formarsi nel corso dell’estate; pertanto, mediante la refrigerazione non è possibile conseguire una sufficiente stabilità dei vini nei confronti delle precipitazioni di tartrato di Ca.

La refrigerazione non garantisce, dunque, mai la stabilità completa dei vini nei confronti delle precipitazioni tartariche.

 

Tra le diverse tecniche impiegate per la stabilizzazione tartarica dei vini, le tecniche di trattamento fisico e l’impiego dell’acido metatartarico sono attualmente le più diffuse.

Metodi fisici : stabulazione a temperature inferiori a 0°C per un tempo variabile da 8 a 15 giorni ; inoculo con bitartrato di potassio (generalmente alla dose di 2 – 4 g/l) e successivo trattamento a freddo a –2 °C – 0 °C; trattamento in continuo con apposite apparecchiature che portano il vino istantaneamente a temperature inferiori allo zero in presenza di germi di cristallizzazione ed in condizioni particolari di turbolenza che favoriscono la formazione e precipitazione dei cristalli di tartrato;

Impiego di carbossimetil-cellulosa, si tratta di un insieme complesso e non del tutto noto di composti dotati di diverse proprietà. L’efficacia di questo complesso sembra essere variabile in funzione della natura dei vini ed in particolare della presenza o meno di colloidi protettori. Le carbossimetil-cellulose modificano la viscosità del vino. Attualmente non trovano applicazione industriale e non sono autorizzate dalla CEE.

Impiego di mannoproteine estratte dai lieviti, é il metodo più interessante tenuto conto della loro efficacia e della loro stabilità. Sono in grado di garantire la stabilità definitiva di un vino trattato correttamente. Il loro meccanismo d’azione e le modalità di impiego sono state oggetto di numerosi studi, é in corso la pratica di autorizzazione che dovrebbe concludersi nell’arco del 2002.

L’acido metatartarico é attualmente il prodotto più utilizzato a questo scopo. E’ perfettamente efficace, ma la sua azione si esaurisce nel corso del tempo a causa della sua instabilità.

L’acido metatartarico é un poliestere risultante dall’esterificazione intermolecolare dell’acido tartarico. E’ utilizzabile alla dose di 10 g/hl e permette di evitare la precipitazione dei sali dell’acido tartarico (bitartrato di potassio e tartrato neutro di calcio).

Quando si riscalda dell’acido tartarico, eventualmente sotto vuoto, si osserva una perdita di acidità ed una liberazione di acqua. Questo avviene a seguito della reazione di esterificazione tra una funzione acida di una molecola ed una funzione alcolica secondaria di un’altra molecola. Il tutto conduce alla formazione di una sorta di polimero in grado di liberare ancora acido tartarico per idrolisi.

In teoria ogni molecola di acido tartarico perde una funzione acida per cui si potrebbe ipotizzare una esterificazione potenziale massima del 50 %. Di norma non si arriva mai ad una reazione di esterificazione che coinvolga il 50 % delle funzioni acide. Nella maggior parte dei casi si arriva ad una reazione di esterificazione variabile dal 33 al 36 % fino a valori massimi intorno al 40 %. Ad esempio se si pensa alla reazione tra tre molecole di acido tartarico, che hanno in totale 6 funzione acide, unendosi tra di loro (schema sopra illustrato) si ha la perdita di 2 funzioni acide, dunque 33 % di  esterificazione, e la liberazione di 2 molecole di acqua. I prodotti ottenuti per riscaldamento sottovuoto raggiungono generalmente gli indici più elevati. L’indice di esterificazione dà un’indicazione precisa dell’efficacia antitartaro del prodotto, poiché l’effetto inibitore é legato al tenore in esteri interni.

E’ chiaro come l’acido metatartarico non sia un prodotto definito, ma piuttosto un polimero disperso.

Per ogni preparazione di acido metatartarico si deve dunque determinare il suo indice di esterificazione a mezzo di una titolazione acidometrica, prima e dopo saponificazione.

Generalmente si pensa che l’acido metatartarico agisca rivestendo i germi submicroscopici di tartrato evitando così il loro ingrossamento. In realtà l’esame microscopico dei cristalli formatisi in presenza di ipodosaggio mette in evidenza delle irregolarità e delle anomalie nella cristallizzazione.

A partire dai germi, i cristalli si sviluppano per progressiva aggregazione delle molecole, secondo un’architettura geometrica che appartiene a sistemi diversi e che condiziona la loro forma generale.

L’inibizione della cristallizzazione con acido metatartarico si manifesta in realtà con il suo adsorbimento in punti precisi sulla superficie del germe cristallino che ne arresta l’accrescimento. Le grosse molecole incristallizzabili dell’acido metatartarico si intercalano quindi tra i piani dell’edificio del cristallo di tartrato e li ricoprono, bloccando così il fenomeno di ingrossamento del cristallo stesso.

L’acido metatartarico utilizzato nei vini giovani alla dose di 10 g/hl blocca ogni precipitazione tartarica per parecchi mesi, ma comunque non é un trattamento definitivo. Bisogna infatti tener presente che in soluzione l’acido metatartarico non é stabile ed ha tendenza ad idrolizzarsi lentamente trasformandosi nuovamente in acido tartarico. Pertanto la durata della sua azione é funzione della velocità di idrolisi. Nel vino la velocità di idrolisi dell’acido metatartarico é legata a : indice di esterificazione, pH del vino, temperatura di conservazione.

Più alto é l’indice di esterificazione maggiore sarà la sua durata nel tempo ;

Più basso é il pH maggiore é la velocità di idrolisi ;

Più alta é la temperatura di conservazione del vino maggiore é la velocità di idrolisi.

 


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