Mannoproteine e Stabilità Tartarica dei Vini

11 Ottobre 2007 di Mezzapelle Vito


L’effetto delle macromolecole definite “colloidi protettori” sulla stabilità dei vini é nota da lungo tempo. Negli anni scorsi la tendenza generale è stata piuttosto di eliminare con filtrazioni o chiarificazioni drastiche questi colloidi  che limitano l’efficacia dei trattamenti fisici di stabilizzazione. Tra le molecole colloidali alcune hanno per origine l’uva, si tratta di tannini, polisaccaridi pectici, proteine. Altri sono di origine fungina, come i glucani della Botrytis cinerea o le mannoproteine liberate dai lieviti nel corso della fermentazione alcolica o dell’autolisi. Queste ultime presentano proprietà stabilizzanti nei confronti degli intorbidamenti proteici e delle precipitazioni tartariche.

Alle concentrazioni abitualmente riscontrate nei vini, le macromolecole definite colloidi protettori hanno il potere solo di ritardare la cristallizzazione dei sali di acido tartarico senza inibirla completamente. Fino ad oggi pochi autori hanno cercato di isolare dal vino questi composti inibitori della cristallizzazione per metterne in evidenza e sfruttarne le loro proprietà stabilizzanti.

 

 

Evoluzione della stabiità tartarica dei vini bianchi nel corso dell’affinamento sulle fecce

 

I vini bianchi, conservati in fusti di legno sulle fecce totali, dopo diversi mesi acquisiscono la stabilità tartarica, il che li dispensa da ulteriori trattamenti a freddo. Si tratta di una osservazione empirica molto comune e nota, che fino ad oggi però, non é stata completamente sviscerata da studi mirati. Tuttavia in virtù di questo fatto, a Bordeaux, la maggior parte dei vini bianchi secchi che non risultano stabili al mese di Marzo, dopo il loro primo inverno di vita, lo divengono al mese di Giugno o Luglio senza bisogno di freddo supplementare.

Se questi stessi vini non vengono conservati sulle fecce, devono essere trattati a freddo per raggiungere la stabilità tartarica. Questo miglioramento della stabilità nel corso della maturazione dei vini sulle fecce può essere messo in evidenza solo impiegando test di cristallizzazione. Infatti la misura della temperatura di saturazione (Tsat) del vino resta più o meno costante nel tempo, ed anche nel vino conservato sulle fecce farebbe presuporre instabilità (Tsat > 12,5 °C). Evidentemente, alcune macromolecole, verosimilmente mannoproteine, cedute dal lievito nel corso della maturazione sulle fecce, sono composti inibitori della cristallizzazione.

I due costituenti principali della parete cellulare dei lieviti sono il glucano e le mannoproteine. Queste ultime sono costituite da una frazione peptidica e da una frazione polisaccaridica rappresentata essenzialmente da mannosio. Esse possono essere di peso molecolare compreso tra 20 e oltre 450 Kda, e possono avere dei gradi di glicosilazione anche molto differenti. Tra le mannoproteine alcune sono responsabili delle interazioni cellulari (unione sessuale, flocculazione, fattore Killer, …) altre possiedono attività enzimatiche (invertasi, glucosidasi, esterasi, …). Le mannoproteine costituiscono dunque una famiglia di macromolecole in cui ogni elemento strutturale conferisce attività o proprietà differenti.

Esistono principalmente due metodologie industriali per l’estrazione delle mannoproteine: metodi chimici e metodi enzimatici.

Il metodo chimico consiste nell’estrazione delle mannoproteine a caldo in un mezzo tampone citrato (MEC);

I metodi enzimatici consistono nell’idrolizzare i glucani della parete con β-glucanasi, questo induce la liberazione nel mezzo di mannoproteine (MEE);

 

Un nuovo metodo di estrazione, il metodo di idrolisi, consiste nel digerire la parete dei lieviti con una preparazione industriale di β-glucanasi. Il suo impiego é autorizzato in enologia per l’idrolisi dei glucani della Botrytis e per facilitare la filtrazione dei vini. Le mannoproteine estratte enzimaticamente sono più ricche in proteine e la loro frazione polisaccaridica contiene solo mannosio. Analizzate per HPLC ad eclusione molecolare le mannoproteine estratte per digestione enzimatica presentano un picco supplementare  corrispondente ad una massa molecolare media compresa tra 30 e 50 Kda.

Fonte: http://www.laffort.fr/it/recherche/laff-info/Info20.pdf

 

 


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